Il burnout genitoriale è una condizione psicologica sempre più riconosciuta in ambito clinico e di ricerca. Si manifesta come una sindrome caratterizzata da esaurimento emotivo legato al ruolo genitoriale, distacco affettivo dai figli e senso di inefficacia. A differenza dello stress genitoriale quotidiano, il burnout implica un crollo profondo e duraturo delle risorse psicologiche necessarie per svolgere il compito di cura. Negli ultimi anni, diversi studi hanno cercato di identificare interventi efficaci per prevenire o alleviare questa condizione. Uno degli approcci promettenti è rappresentato dal protocollo CBSM (Cognitive Behavioral Stress Management), un programma strutturato volto a fornire ai partecipanti strategie cognitive, comportamentali e relazionali per la gestione dello stress.
Un recente studio (Urbanowicz et al., 2023), ha valutato l'efficacia della CBSM nella riduzione del burnout genitoriale in un campione di genitori della popolazione generale, confrontando un gruppo di intervento con un gruppo di controllo in lista d’attesa. Il disegno della ricerca ha previsto una valutazione pre- e post-intervento, nonché un follow-up a tre mesi, al fine di misurare la tenuta degli effetti nel tempo. I risultati offrono spunti di riflessione utili per i professionisti della salute mentale che si trovano a supportare genitori in difficoltà.
Risultati principali: una riduzione significativa del burnout
Dopo otto settimane di intervento, i genitori che avevano partecipato al programma CBSM hanno mostrato una significativa riduzione dei sintomi di burnout rispetto al gruppo di controllo. Questo risultato è stato mantenuto anche al follow-up a tre mesi. Le analisi hanno confermato che il miglioramento osservato non era attribuibile a una remissione spontanea, bensì agli effetti dell’intervento.
La CBSM si basa su una combinazione di strategie volte a promuovere la regolazione emotiva, la ristrutturazione cognitiva, il rilassamento corporeo e il potenziamento delle competenze relazionali. Questa multidimensionalità sembra particolarmente adatta a contrastare un fenomeno complesso come il burnout genitoriale, che coinvolge fattori psicologici, comportamentali e ambientali.
Meccanismi di cambiamento: stress e gentilezza verso se stessi
Uno degli aspetti più interessanti dello studio riguarda l’identificazione dei possibili meccanismi psicologici che mediano la riduzione del burnout. I dati mostrano che i genitori che hanno beneficiato maggiormente dell’intervento sono anche coloro che hanno riportato un calo significativo dei livelli di stress percepito e un aumento della gentilezza incondizionata verso sé stessi.
Quest’ultimo aspetto merita un approfondimento. La gentilezza verso se stessi (self kindness) è intesa come la capacità di trattarsi con comprensione e calore anche di fronte agli errori, ai fallimenti o alle proprie imperfezioni. È un concetto affine alla self-compassion e rappresenta una risorsa interna protettiva. Diversi studi, infatti, hanno mostrato che l’auto-compassione attenua l’impatto del perfezionismo – un noto fattore di rischio per il burnout genitoriale – e promuove il benessere psicologico. L’intervento CBSM, attraverso esercizi esperienziali e riflessioni guidate, sembra aver facilitato nei partecipanti lo sviluppo di un atteggiamento più gentile verso se stessi.
Ruolo secondario della ruminazione astratta e della regolazione emotiva
Un dato in parte inatteso è emerso rispetto ad altri fattori potenzialmente implicati: la ruminazione astratta e le competenze di regolazione emotiva. Sebbene precedenti ricerche abbiano identificato nella ruminazione – soprattutto in forma astratta e generalizzata – un fattore di mantenimento del burnout, lo studio in oggetto non ha rilevato una correlazione diretta tra la sua riduzione e la diminuzione del burnout nel breve termine. Tuttavia, si è osservato un trend di miglioramento continuo della ruminazione al follow-up, suggerendo un possibile effetto ritardato che meriterebbe ulteriori approfondimenti longitudinali.
Anche la regolazione emotiva, considerata una competenza centrale nel coping genitoriale, non è risultata un mediatore significativo dell’efficacia dell’intervento. Gli autori ipotizzano due spiegazioni: da un lato, otto settimane potrebbero non essere sufficienti a modificare tratti disposizionali stabili come la regolazione intrapersonale delle emozioni; dall’altro, la misura utilizzata ha considerato solo una dimensione delle competenze emotive, trascurando aspetti come l’identificazione, l’espressione e l’uso funzionale delle emozioni.
Considerazioni metodologiche e limiti dello studio
Dal punto di vista metodologico, lo studio presenta alcune limitazioni da tenere presenti. Innanzitutto, il campione era composto in prevalenza da madri (97%), un dato che riflette una tendenza già osservata in altre ricerche sul burnout genitoriale. Questo solleva interrogativi sulla generalizzabilità dei risultati alla popolazione dei padri.
In secondo luogo, il disegno dello studio non ha previsto un’assegnazione casuale ai gruppi, scelta motivata da ragioni etiche legate al rischio associato al burnout genitoriale. I partecipanti, quindi, hanno potuto scegliere liberamente se e quando prendere parte all’intervento e questo aspetto comporta il rischio di un bias di auto-selezione: è plausibile che i genitori con livelli più alti di burnout abbiano aderito con maggiore urgenza all’intervento. Infatti, i dati iniziali mostrano che il gruppo CBSM presentava punteggi più elevati al baseline rispetto al gruppo di controllo. Dal punto di vista clinico, ciò suggerisce che l’intervento ha raggiunto proprio quei genitori più bisognosi di supporto.
Un ulteriore limite riguarda il tasso di abbandono tra la fase post-intervento e il follow-up: degli 86 partecipanti iniziali, solo 35 hanno completato le misurazioni a tre mesi. Questa riduzione del campione potrebbe influenzare l’affidabilità delle stime di mantenimento degli effetti. Tra le cause ipotizzate vi è la mancanza di incentivi economici e la ripetitività delle misure. Tuttavia, l’assenza di compensi ha probabilmente contribuito a ridurre il rischio di motivazioni estrinseche distorsive.
Implicazioni cliniche
Per i professionisti della salute mentale, i risultati di questo studio offrono spunti concreti per la pratica. In primo luogo, confermano l’utilità di interventi strutturati e multimodali come la CBSM nella prevenzione e trattamento del burnout genitoriale anche nella popolazione generale, non solo in genitori clinicamente compromessi. In secondo luogo, suggeriscono di porre particolare attenzione allo sviluppo della self-kindness come leva trasformativa nei percorsi di sostegno genitoriale.
Conclusione
Il burnout genitoriale rappresenta una sfida crescente per le famiglie e per i professionisti della salute mentale. Il protocollo CBSM si dimostra un intervento promettente, capace di ridurre significativamente i sintomi nei genitori a rischio, con effetti che si mantengono nel tempo. Promuovere la gentilezza verso sé stessi e fornire strumenti concreti per la gestione dello stress appare una via efficace per restituire equilibrio, benessere e fiducia nel proprio ruolo genitoriale.
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BIBLIOGRAFIA
Urbanowicz, A. M., Shankland, R., Rance, J., Bennett, P., Leys, C., & Gauchet, A. (2023). Cognitive behavioral stress management for parents: Prevention and reduction of parental burnout. International journal of clinical and health psychology, 23(4), 100365.