Nel corso degli ultimi decenni, la psichiatria ha riconosciuto sempre più il ruolo centrale che i fattori culturali, sociali e strutturali giocano nella comprensione e nella diagnosi dei disturbi mentali. Il DSM-5-TR (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Text Revision) rappresenta un passo importante in questa direzione, integrando nei capitoli dedicati ai singoli disturbi una riflessione approfondita su cultura, razzismo e discriminazione, elementi ormai considerati imprescindibili in ogni processo diagnostico.
Un cambiamento necessario: cultura e salute mentale
Il concetto stesso di disturbo mentale non può prescindere dal contesto socioculturale in cui si manifesta. Le norme, i valori e le credenze di una determinata comunità influenzano profondamente la percezione del comportamento normale e patologico, i significati attribuiti alla sofferenza, le soglie di tolleranza e i percorsi di aiuto. Questo implica che lo stesso sintomo può essere vissuto, espresso e interpretato in modi diversi a seconda della cultura di riferimento.
Per questo motivo, il DSM-5-TR introduce una maggiore attenzione agli aspetti culturali della diagnosi, raccomandando esplicitamente ai clinici di considerare la cornice culturale dell'individuo nel valutare la rilevanza clinica di pensieri, emozioni e comportamenti. Ogni valutazione diagnostica dovrebbe includere una riflessione su quanto i vissuti e le manifestazioni sintomatiche si discostino dalle norme culturali rilevanti, e su come questi scostamenti possano causare difficoltà di adattamento nel contesto di vita attuale della persona.
Il ruolo del razzismo e della discriminazione
Uno dei contributi più significativi del DSM-5-TR riguarda l’integrazione esplicita del tema del razzismo come determinante sociale di salute mentale. Il manuale chiarisce che la razza è un costrutto sociale, privo di basi biologiche, ma profondamente radicato nei sistemi di potere e nelle pratiche istituzionali. Il processo di "razzializzazione" (traduzione letterale del termine inglese “racialization”) — ovvero l’attribuzione di significati sociali a tratti fisici superficiali come il colore della pelle — dà origine a identità che risultano spesso marginalizzate e stigmatizzate.
Il razzismo agisce su più livelli: personale, interpersonale, istituzionale e strutturale. A livello personale, genera interiorizzazione di stereotipi negativi e sentimenti di svalutazione; sul piano interpersonale, si manifesta anche attraverso le microaggressioni, ovvero offese quotidiane e spesso sottili che trasmettono messaggi denigratori nei confronti di gruppi stigmatizzati. A livello sistemico e strutturale si concretizza in pratiche, abitudini e norme che producono disuguaglianze sistematiche nell’accesso alle risorse sanitarie e nei percorsi diagnostico-terapeutici.
Bias diagnostico e conseguenze cliniche
La presenza di pregiudizi impliciti nei professionisti della salute mentale rappresenta un rischio concreto di errore diagnostico e disparità di trattamento. Studi recenti hanno evidenziato, ad esempio, una tendenza alla sovradiagnosi di schizofrenia in pazienti afroamericani che presentano disturbi dell’umore. Altri dati indicano che le persone appartenenti a gruppi etnorazziali minoritari ricevono con maggiore frequenza trattamenti coercitivi, come il ricovero involontario o l’uso di contenzioni, e con minore frequenza trattamenti ambulatoriali continuativi.
In questo contesto, il DSM-5-TR invita i clinici a esercitare una consapevolezza critica del proprio ruolo e dei propri bias, adottando strategie di valutazione culturalmente sensibili e impegnandosi attivamente nel contrasto di ogni forma di razzismo e stereotipo nei processi di assessment, diagnosi e trattamento.
Linguaggio e rappresentazione: scelte terminologiche consapevoli
Uno degli aspetti più innovativi del DSM-5-TR riguarda l’uso consapevole del linguaggio, orientato a evitare la naturalizzazione della razza e la riproduzione di gerarchie sociali. Termini come razzializzato (invece di razziale) servono a sottolineare la costruzione sociale delle identità etnorazziali. Il termine etnorazziale viene impiegato per fare riferimento a categorie miste, come quelle utilizzate dal censimento statunitense (es. Hispanic, White, African American). Viene adottato Latinx in luogo di Latino/a, in ottica di inclusività di genere, mentre termini come Caucasico, minoranza e non-bianco sono evitati perché legati a concezioni superate o gerarchizzanti.
Anche le sezioni dedicate alla prevalenza dei disturbi sono state revisionate con attenzione, assicurandosi che i dati epidemiologici vengano presentati in relazione ai contesti specifici da cui provengono. Si sottolinea l’importanza di utilizzare campioni rappresentativi e di segnalare quando i dati disponibili sono insufficienti, evitando generalizzazioni indebite. Particolare cautela è stata adottata nel trattare i dati relativi a gruppi storicamente sottorappresentati, come i nativi americani, per i quali si auspica un impegno maggiore della ricerca.
Verso una pratica clinica culturalmente competente
Le modifiche apportate dal DSM-5-TR non sono solo formali: rappresentano un invito chiaro alla trasformazione della pratica clinica, che diventa sempre più complessa e sfaccettata. Per i professionisti della salute mentale, ciò implica una formazione continua e un aggiornamento costante sugli aspetti transculturali della psicopatologia, una riflessione critica sulle dinamiche di potere insite nella relazione terapeutica e una disponibilità all’ascolto empatico delle diverse visioni del mondo portate dai pazienti.
Accogliere la complessità culturale non significa relativizzare la diagnosi, ma renderla più accurata, contestualizzata e rispettosa delle specificità individuali. Significa anche riconoscere che la sofferenza mentale non nasce mai nel vuoto, ma è sempre immersa in una rete di significati, valori, discriminazioni e risorse sociali.
Conclusioni
Il DSM-5-TR rappresenta un passo importante verso una psicodiagnosi più equa, culturalmente informata e consapevole dei propri limiti. Per i professionisti della salute mentale, ciò richiede uno sforzo attivo di aggiornamento, auto-riflessione e trasformazione delle pratiche cliniche. Solo attraverso un approccio realmente inclusivo e critico sarà possibile rispondere in modo efficace e rispettoso alla complessità della sofferenza psichica nelle società contemporanee.
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BIBLIOGRAFIA
American Psychiatric Association. (2022). DSM-5-TR : diagnostic and statistical manual of mental disorders (5. ed. text revision). American Psychiatric Association.