Ognuno di noi possiede, dalla
nascita, uno schema comportamentale che viene innescato dalle situazioni che
via via incontriamo nell’ambiente in cui viviamo.
Nel corso della storia questi
“schemi” hanno assunto denominazioni varie e forse quella più famosa si rifà alla
classificazione di Galeno (sanguigno, flemmatico, collerico, melanconico), che è
rimasta in auge fino alla metà dell’Ottocento e che ancora oggi mantiene vivi i
propri retaggi a livello linguistico.
Oggi, grazie agli studi della
Psicobiologia, siamo in grado di stabilire da dove trae origine quell’individualità
e quell’unicità che già gli antichi studiosi del passato avevano individuato e
che ricade sotto il termine di “temperamento”.
Gli studi condotti su cavie di
laboratorio hanno evidenziato, infatti, che sono presenti pattern comportamentali
correlati ai neurotrasmettitori, individuabili anche nell’uomo.
In sostanza, ereditiamo un
temperamento che si basa sulla presenza, geneticamente determinata, di circuiti
complessi di neuroni e neurotrasmettitori: a seconda della percentuale di
alcuni neuroni rispetto ad altri si ha un “cocktail” che è unico per ciascuno e
che determina, nell’insieme, un assetto di reazioni di base (molto ben visibile
nel bambino molto piccolo).
Negli anni ’90 del secolo scorso
lo psichiatra americano C.R. Cloninger ha elaborato un modello della
personalità che individua tre dimensioni caratteriali (influenzate
dall’ambiente) e quattro dimensioni temperamentali geneticamente indipendenti,
tre delle quali correlate a sistemi neurobiologici.
Per quanto riguarda i
temperamenti si hanno:
-
Novelty Seeking (NS – Ricerca della Novità):
ricerca costante della novità, tendenza a reagire con eccitazione agli stimoli
e a non temere le conseguenze di comportamenti che possono far incorrere nel
pericolo. Questo tratto è correlato ad una ridotta attività dopaminergica, che
spinge il soggetto alla ricerca di attività stressanti per innalzare il livello
di dopamina.
-
Harm Avoidance (HA – Evitamento del Danno):
tendenza all’inibizione del comportamento per evitare danni e novità (correlato
alla paura dell’ignoto), reiterazione di comportamenti abitudinari e
predisposizione a sviluppare depressione reattiva in situazioni di perdita.
Questo tratto è correlato ad un’elevata attività serotoninergica, che inibisce
la ricerca di stimolazione per paura delle conseguenze.
-
Reward Dependence (RD – Dipendenza dalla
Ricompensa): continuo bisogno di gratificazione e rinforzo, soprattutto a
livello sociale. Questo tratto è correlato ad una ridotta attività serotoninergica
ed è correlato all’insorgenza delle dipendenze.
-
Persistence (P – Persistenza): tendenza a
perseguire un obiettivo indipendentemente dagli stimoli esterni. Questo tratto
non trova correlati neurobiologici
Questa classificazione,
risultante in tantissime sfumature date dall’interazione dei vari assetti, è
rilevabile attraverso il TCI (Temperament and Character Inventory), test messo
a punto dallo stesso Cloninger e che combina a queste dimensioni quelle
caratteriali nell’ottica di un modello biosociale della personalità.
L’individuazione dei temperamenti
consente di comprendere cosa rappresenti il benessere per il singolo individuo,
non sulla base del concetto generalizzato di “ciò che è giusto” ma del “come si
è”.
Questo permette di intervenire
con gli strumenti più adeguati ad alleviare il disagio, sia che si tratti di
terapie psicofarmacologiche in caso di situazioni patologiche, sia che si
tratti di attività volte a favorire un migliore approccio del soggetto ad una
quotidianità che non ritiene soddisfacente.