In uno studio chiamato “The Gender Self-Report: a multidimensional gender characterization tool for gender-diverse and cisgender youth and adults” pubblicato a Ottobre 2023, Strang et al. hanno studiato l’identità di genere con l’obiettivo di superare la concettualizzazione data dagli stereotipi del genere binario (maschio e femmina). Lo studio è partito analizzando l’identità di genere, la diversità di genere e la disforia di genere e i loro significati.

IDENTITÀ DI GENERE E DIVERSITÀ DI GENERE

L’identità di genere è l'esperienza di genere vissuta da un individuo ed è una componente fondamentale dell’esperienza umana. La diversità di genere è un termine generico che indica le espressioni utilizzate per descriversi o l’identità di genere percepita in modalità differenti rispetto agli stereotipi legati al sesso assegnato all’individuo alla nascita. (Es. Io indosso ogni giorno una gonna anche se alla nascita mi è stato assegnato il sesso maschile e mi percepisco donna). L’identità di genere solo apparentemente sembra una situazione semplice, infatti in molte culture si hanno solamente i termini maschio e femmina per descrivere le percezioni identitarie collegate al genere. In alcune culture, inoltre, anche se presenti altri termini (transessuale, gender fluid ecc.) questi non sono conosciuti dall’individuo o vengono utilizzati  con accezioni diverse rispetto a chi li utilizza. (Morgan et al., 2020)

Alcuni studi hanno dimostrato ad esempio che negli Stati Uniti i bambini e gli adolescenti non conoscono i termini che si possono utilizzare per descrivere l'esperienza di genere, anche se presenti nella loro lingua. Una volta diventati adolescenti, attraverso l'interazione con gli altri e con internet, scoprono e imparano l’esistenza e il significato di questi termini e si sentono riconosciuti da essi.

La difficoltà di descrizione delle proprie esperienze di genere è ulteriormente aggravata da molte culture in cui i termini esistenti per descrivere le esperienze di genere e l’identità di genere si limitano a concettualizzazioni di carattere binario (maschio e femmina) e questo è un fattore limitante dell’identità di queste persone che per definirsi maschi o femmine, finiscono per negare un parte della loro identità per aderire allo stereotipo di genere a loro assegnato. A livello scientifico questo limite porta anche a problematiche relative alla misurabilità dei dati raccolti in fase di ricerca, in quanto forzando i soggetti a descriversi solamente come maschi o femmine porta a una falsificazione dei risultati ottenuti. 

LA DISFORIA DI GENERE

Gli studi presenti vanno a trattare in modo uguale la diversità di genere e la disforia, ma solamente la seconda è considerata un aspetto problematico; la disforia, infatti, rappresenta il disagio provato dall’individuo per via dell’incongruenza di genere. (Deogracias et al., 2007). È stato dimostrato come la disforia può diminuire (diminuendo il disagio) quando vengono affrontate le esigenze provenienti dall'identità di genere della persona attraverso azioni o trattamenti anche medici che vanno ad affermare l’identità percepita. La diversità di genere agisce su un piano diverso rispetto alla disforia: un individuo può percepire la  diversità di genere (non si sente appartenente totalmente al genere che gli è stato assegnato alla nascita), ma non per forza percepirà anche un disagio proveniente da questo e la conseguente disforia (de Vries et al., 2014). A livello accademico, inoltre, la maggior parte degli studi si basa su misure che suddividono le persone in base al genere assegnato alla nascita e non alla percezione dell’identità di genere degli individui nel momento in cui partecipano alla ricerca; tutto questo porta a problemi di interpretazione dei dati perchè non esattamente rappresentativi del vissuto dei partecipanti. 

LO STUDIO

Lo studio “The Gender Self-Report” è durato 12 anni e ha portato allo sviluppo e al perfezionamento di uno strumento chiamato GRS- Gender Self-Report. Lo studio è stato suddiviso in due fasi: la prima volta alla creazione e la seconda alla convalida. Lo studio, nella prima fase, comprendeva delle domande di autovalutazione delle esperienze di genere avute dagli individui con indicazioni di verità (sempre vero, spesso vero, a volte vero, mai vero). Attraverso le risposte e i feedback ottenuti dai partecipanti, il questionario è stato migliorato ed adeguato in modo da non risultare offensivo. Gli elementi eliminati sono stati quelli riguardanti le caratteristiche basate sugli stereotipi di genere soprattutto sull’abbigliamento, sui comportamenti o sui modelli. 

IL CAMPIONE

Il campione è stato molto numeroso ed è stato formato attraverso 7 reclutamenti separati. Le prime 4 fasi di reclutamento non hanno imposto dei requisiti particolari per partecipare alla ricerca. Da studi precedenti era però emerso che gli individui con gender diversity sono il 2,7% della popolazione (Gower et al., 2018), pertanto le successive 3 fasi di reclutamento hanno imposto alcuni requisiti, tra cui percepire la diversità di genere (sentire che la propria identità non corrisponde al genere assegnato alla nascita) e appartenere allo spettro autistico. Questi due requisiti sono stati imposti per poter avere un numero sufficientemente alto di partecipanti con queste caratteristiche per poter rendere rappresentativo il campione e dunque ottenere delle conclusioni che rappresentassero la popolazione in modo realistico.  Per la stessa motivazione gli studiosi hanno cercato in modo attivo donne con diagnosi di autismo, essendo consapevoli che studi precedenti  (Begeer et al., 2013) avevano dimostrato che questo tipo di persone viene sottostimata nelle ricerche in quanto, molto spesso, le persone alla cui nascita viene assegnato il genere femminile ricevono una diagnosi di autismo quando sono adulte (non vale per il genere maschile che viene spesso individuato già nell'infanzia o nell’adolescenza).

Poiché lo studio aveva come obiettivo quello di essere rappresentativo anche per fasce d’età differenti, gli studiosi si sono preoccupati di verificare che le fasce d’età dei partecipanti fossero sufficientemente ampie e numericamente soddisfacenti.

PERCHÉ ANCHE INDIVIDUI AUTISTICI?

Come descritto sopra, il campionamento è stato fatto portando attenzione alle persone appartenenti allo spettro autistico; questa scelta è spiegata da due motivazioni. La prima era quella di rendere lo studio più rappresentativo possibile e dunque di includere anche questa caratteristica nell’analisi; la seconda è derivata dai risultati di precedenti studi che avevano mostrato la falsa credenza che molte persone autistiche provassero diversità di genere o disforia di genere e che queste caratteristiche fossero presenti in modo molto marcato. E’ stato, invece, dimostrato come questo dipenda dal diverso modo di comunicare di alcuni individui appartenenti allo spettro autistico e non a una correlazione tra autismo e diversità di genere. 

LO STRUMENTO

Gli autori  hanno proposto uno strumento multidimensionale del genere utilizzabile per descrivere l'identità di genere sia di giovani dai 10 anni, che di adulti e di individui aventi o meno autismo. Questo strumento è applicabile a persone con diversità di genere, ma anche a persone cisgender, ovvero in cui l’identità di genere corrisponde con il genere assegnato alla nascita. Lo strumento presenta 30 elementi auto-valutativi che evita un linguaggio troppo legato alla cultura di provenienza per descrivere la propria identità di genere.

Per via della differenziazione tra il concetto di diversità di genere e la disforia di genere, questo strumento si occupa di analizzare solo le componenti dell'identità di genere, non valuta infatti se l’individuo si è sottoposto o meno alle cure e agli interventi di conferma del genere percepito. Questo a maggior ragione del fatto che lo strumento è stato somministrato per la sua validazione anche a persone molto giovani e minorenni, cui accesso alle cure di conferma di genere risultano essere molto limitate per via della necessità del consenso dei genitori, di possibilità economiche e di condizioni mediche che permettano di accedere al trattamento. Inoltre la diversità di genere è una condizione di identità separata (come detto sopra) dalla possibilità di essere stati sottoposti ad interventi di conferma del genere.

COSA È EMERSO?

Dai risultati sono emersi tre raggruppamenti di genere: cisgender esclusivamente eterosessuale, minoranza sessuale cisgender e gender diversity. 

L’analisi è partita da due fattori:

- femmina-male continuum FMC: esperienze binarie di femminilità e mascolinità;

- nobinary gender diversity NGD: esperienze binarie, non maschio o femmina.

Per la convalida dello strumento sono stati somministrati test auto-valutativi relativi al genere, all'immagine corporea.

Lo strumento creato pertanto rappresenta uno strumento di self-report a 30 elementi per la categorizzazione di genere e fornisce informazioni sull’esperienza di genere sia di carattere binario che non, espressa lungo un continuum e porta a una classificazione basata sulle categorie e permette un’inclusione migliore ed equa per coloro che non si riconoscono all’interno della concettualizzazione binaria di genere. 

QUALI BENEFICI?

Aver portato alla creazione e alla validazione di uno strumento come il GRS comporta dei benefici su piani differenti. Permette infatti a coloro che non si sentono pienamente rappresentati nei termini “Maschio” e “Femmina” di trovare collocazione in una descrizione lungo un continuum tra i due concetti, scientificamente riconosciuta. 

A livello accademico, invece, permette di avere uno strumento che permette di confrontare persone che utilizzano termini diversi per rappresentare la stessa percezione o che utilizzano lo stesso termine in accezioni differenti. Per esempio un individuo può appartenere al genere femminile (ricordiamo che il genere è differente dal sesso), ma definirsi tale solo per via della presenza di genitali femminili, ma non riconoscersi a livello identitario appartenente a questo genere. Oppure ancora una persona che si considera “donna transessuale” potrebbe usare il termine per indicare il fatto che è nata di sesso maschile, ma che attualmente presenta le connotazioni femminili, ma può essere anche utilizzato da una persona che non si è sottoposta a interventi medici, ma che ugualmente si percepisce appartenente al genere femminile. Lo strumento elaborato, infatti, fornisce un risultato su un continuum e pertanto supera le problematiche di interpretazione di questi termini. 


BIBLIOGRAFIA

Begeer, S., Mandell, D., Wijnker-Holmes, B., Venderbosch, S., Rem, D., Stekelenburg, F., & Koot , H. M. (2013). Sex Differences in the Timing of Identification Among Children and Adults with Autism Spectrum Disorders. Journal of Autism and Developmental Disorders, 43, 1151-1156.

Deogracias, J. J., Johnson, L. L., Meyer-Bahlburg, H. F., Kessler, S. J., Schober, J. M., & Zucker, K. J. (2007). The Gender Identity/Gender Dysphoria Questionnaire for Adolescents and Adults. The Journal of Sex Research, 44(4), 370-379.

Gower, A. L., Rider , N. G., Brown, C., McMorris , B. J., Coleman , E., Taliaferro , L. A., & Eisenberg , M. E. (2018). Supporting Transgender and Gender Diverse Youth: Protection Against Emotional Distress and Substance Use. American Journal of Preventive Medicine, 55(6), 787-794.

Morgan, J. (2020). Degrowth: necessary, urgent and good for you. Real-World Economics Review, 93, 113-131.

Strang, J. F., Wallace, G. L., Michaelson, J. J., Fischbach, A. L., Thomas, T. R., & et Al. (2023, Ottobre). The Gender Self-Report: A multidimensional gender characterization tool for gender-diverse and cisgender youth and adults. American Psychologist, 78(7), 886-900. doi:10.1037/amp0001117