Nel nostro percorso attraverso la Movie Therapy oggi vi voglio proporre un film di animazione dal titolo: “Il mio nome è impavido - Fearless”.
Reid, il protagonista, è un teenager appassionato di videogiochi costretto a diventare il babysitter di tre neonati dotati di superpoteri che improvvisamente si materializzano dal suo gioco preferito e che lo accompagneranno attraverso un vero e proprio percorso di crescita.
Vediamo qualche spunto offerto da questa produzione attraverso l’analisi di alcune frasi tratte dai dialoghi.
“Ovunque c’è bisogno di eroi… noi ci siamo”. (Frase dell’Eroe del video gioco).
I ragazzi e le ragazze di questa generazione non si sentono eroi: da un lato la loro scarsa autostima li porta a sottovalutarsi mentre dall’altro alcuni modelli proposti li portano ad emergere come “antieroi”, paladini della trasgressività, dell’antisocialità e di un’affermata violenza (che il più delle volte emerge nel linguaggio verbale).
La vita di Reid sembra scorrere soltanto all’interno dei videogiochi: azioni, parole ed emozioni emergono quando si trova davanti allo schermo, mentre nella quotidianità la sua volontà è inattiva. Quando gioca diventa impavido, la sua mimica facciale ed il linguaggio del corpo si iper-attivano…per poi spegnersi quando l’ordinarietà della sua vita fa irruzione in quel mondo (attraverso, ad esempio, un richiamo della madre).
Qualcosa inizia a cambiare quando il ragazzo, nella vita reale, deve preparare un progetto di scienze con la sua compagna di classe Melanie.
Lei, molto ligia e normativa, vuole studiare e non concepisce il fatto che lui voglia solo giocare: “Metti in moto il cervello! Hai qualche idea? Ecco perché a me non piace lavorare in gruppo devo fare tutto da sola!”. Se da una parte il confronto destabilizza Reid, dall’altra gli servirà per comprendere che c’è qualcosa di interessante fuori dal suo guscio.
Sempre Melanie, in diversi momenti, dice: “Reid non ho tempo per i video giochi sono qui per studiare. Tu hai proprio bisogno di crescere, non permetterò che un fannullone metta a rischio la mia media dei voti. Torna ai tuoi video giochi: sembra che tu abbia più successo con quelli, che con la vita reale” e ancora: “Reid, dobbiamo andare e non pensare di evitare il progetto di scienze: il tuo cervello può risolvere qualcosa di diverso da un video gioco?”
Il loro viaggio tra gioco e realtà continua e i due si aiutano a vicenda: se da un lato Melanie dà una mano a Reid a tornare a contatto con la realtà, dall’altro lui le mostra quanto sia bello scoprire i talenti altrui attraverso un approccio amichevole ed accogliente.
Ecco che il tono dei dialoghi cambia…
Melanie: “Forse non sei una causa così persa come pensavo. Non sei male quando ti ci metti”
Reid: “Grazie sarà merito dell’aria fresca. Mi hanno aperto la mente l’aria e i boschi”
Melanie: “Wow!! Finalmente ti rendi conto che esiste il mondo reale!”
Melanie: “Quindi hai dei piani dopo il diploma o pensi di continuare a vivere nella realtà virtuale?”
Reid: “Almeno nei video giochi non vieni insultato, bocciato, e rifiutato per il ballo di fine anno e mi diverto di più” ecco che finalmente il ragazzo si apre al rapporto con la coetanea: i videogiochi sono la sua comfort zone, un rifugio sicuro, il luogo in cui si sente accettato.
Il confronto tra i due li porta ad approfondire il loro rapporto e la conoscenza di sé…
Melanie. “Io ho fatto il test per l’università...Persino le anatre tracciano una rotta, non si lasciano trasportare dalla corrente tu invece vuoi andare alla deriva…”
Reid: ”Se fosse un video gioco sarebbe più semplice.”
Melanie: “Se questo fosse un video gioco che cosa faresti?”
Reid: “Non mi arrenderei: sai una cosa ho vissuto tutta la vita dentro uno schermo a che serve essere impavido in un mondo irreale? É più utile esserlo qui dove conta veramente.”
Melanie. “Wow qualcuno ha lasciato il divano finalmente!”
Alla fine i due amici, tenendosi per mano, passano “ad un nuovo livello”: quello della consapevolezza che la vita reale è migliore rispetto alla virtualità regalata dai videogiochi.
Questo film porta i preadolescenti e gli adolescenti non solo a compiere un’autoanalisi, nella quale il più delle volte si riconoscono in Reid e nella sua dipendenza da videogioco, ma anche a cogliere spunti sull’amicizia, sull’uscire dalla propria comfort zone per mettersi in discussione, sullo scoprire e riconoscere i talenti propri ed altrui e sull’importanza di avere fiducia nelle proprie capacità.
Talvolta è necessario permettere che qualcuno rovesci il nostro microcosmo, mettendo in discussione tutto ciò che ci siamo costruiti, per poter approdare alla scoperta di noi stessi.
Dott.ssa Maria Laura Sadolfo
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