Lo scorso mese abbiamo parlato di fibromialgia e mindfulness.
Oggi approfondiremo nello specifico quali protocolli utilizzare con i pazienti fibromialgici.
Perché c’è tanto disagio nel paziente affetto da fibromialgia?
Uno dei fattori è l’accettazione della patologia ed il suo riconoscimento da parte della società.
La fibromialgia è ancora una delle diagnosi più controverse in medicina, non c’è concordanza tra punti di vista soprattutto nelle figure del reumatologo, psicologo, psichiatra, neurologo.
Per il paziente è come vivere in un vago “dove mi colloco?” e “tra chi mi collocano”. L’insicurezza sul piano dell’identità, non fa che peggiorare il quadro della sintomatologia, ma anche l’autostima, la capacità di reazione e la volontà di affrontare positivamente il presente.
La chiusura accentua l’aspetto depressivo e di ritiro sociale.
Chi è affetto da fibromialgia presenta i seguenti sintomi: dolore cronico e diffuso, astenia, parestesie, disturbi del sonno, gonfiore, dolore, bruciore, dolore temporo-mandibolare, disturbi della sfera sessuale, disturbi gastrointestinali e comorbilità frequente con ansia e depressione.
Quali protocolli mindfulness si rivelano più efficaci?
I Protocolli di Mindfulness più indicati in questi casi sono l’MBSR e l’MBCT.
La MBCT (Mindfulness-Based Cognitive Therapy) è stata sviluppata da Zindel Segal, Mark Williams e John Teasdale. È un intervento specifico che mira a ridurre i sintomi depressivi e a prevenire il rischio di una ricaduta depressiva. Tale protocollo, essendo in particolare più efficace con i pazienti cronicizzati, può essere di grande aiuto per i pazienti affetti da fibromialgia e un supporto ad altre terapie integrate. L’MBCT conduce la persona ad adottare un atteggiamento di apertura, curiosità e di accettazione verso il proprio vissuto piuttosto che un atteggiamento di evitamento e negazione. Questi due ultimi atteggiamenti sono molto ricorrenti nelle persone affette da fibromialgia.
L’MBSR, essendo il protocollo basato sulla riduzione dello stress, permette di portare maggiore consapevolezza alle proprie sensazioni, emozioni e al proprio corpo in modo non giudicante. Questo protocollo aiuta le persone a vivere nel presente senza il “pilota automatico”; i pazienti con dolore cronico hanno sempre attivato il pilota automatico, perché vivono fondamentalmente nella paura e nell’incertezza dell’oggi e del domani, che rende il pensiero e l’azione rigidi.
In entrambi i protocolli (MBCT e MBSR) è fondamentale la pratica del respiro. Chi soffre di dolore cronico, spesso non riesce a respirare in modo spontaneo; il dolore porta ad irrigidirsi, ed il protrarsi di questa condizione blocca, a lungo andare, il regolare funzionamento dei muscoli. Stare nel respiro non è solo il punto di partenza per essere presenti a noi stessi, ma è anche il ritornare a respirare, come spesso raccontano i pazienti fibromialgici.
È del tutto normale che all’inizio sia molto difficile stare nel respiro e soffermarsi sulle sensazioni che ci restituisce. Il tempo del respiro è quel tempo che spesso, per chi soffre fisicamente, è il tempo dell’affanno o dell’affaticamento.
Leslie J. Crofford, esperta di reumatologia, ha osservato: “Quando si elimina il 90% del dolore del paziente, il restante 10% è il 100% di ciò che è rimasto. Questo ci ricorda che qualsiasi dolore è ancora dolore”. Il dolore che resta dolore, può ridursi molto attraverso il respiro consapevole e la pratica costante appresa nei protocolli Mindfulness specifici. Gli schemi di respirazione variano durante gli episodi di dolore, sono più corti e superficiali, oppure si respira con affanno ed irregolarità. Rallentare il processo e restituire una respirazione consapevole, permette di alleviare il dolore.
Nel respiro dunque riconnettiamoci al nostro corpo, un corpo toccato dal dolore, ma che nel dolore può trovare nuova curiosità e possibilità e non più giudizio e frustrazione. Dopo aver appreso i protocolli, si consiglia a questi pazienti di praticare più volte al giorno perché la pratica, insieme alle altre terapie, può davvero restituire una nuova occasione di vita nonostante la patologia.